Accessibilità e barriere architettoniche. A che punto siamo?

Nel ventunesimo secolo siamo immersi in una società prettamente abilista, che discrimina e stigmatizza le persone in base alla propria disabilità. Le persone disabili non sono ancora completamente tutelate e i limiti che incontrano quotidianamente sono innumerevoli. Basti pensare alle barriere architettoniche che ci circondano, invisibili agli occhi dei più fortunati, ma che si pongono come un ostacolo, spesso insormontabile, per le persone con ridotte o impedite capacità motorie. Sono presenti ovunque, qualsiasi ostacolo fisico che impedisce il facile e libero spostamento negli spazi o la fruizione di servizi rientra in questa categoria.

Cosa succede se una persona non riesce ad accedere alle poste o alle sale di un cinema perché l’unica via per entrare sono le scale? Succede che ci si emargina, che ci si sente sbagliati, e che la strada verso una società inclusiva diventa sempre più scura e tortuosa, tanto da trasformarsi in un’ideale irrealizzabile. Così, quando accadono eventi del genere ci si dovrebbe rendere conto che la tanto agognata accessibilità non è un capriccio, un’opportunità: si tratta di un diritto umano, e in quanto tale inalienabile. Accessibilità significa potersi muoversi liberamente, significa avere ambienti di facile fruizione da parte di chiunque, significa gettare le fondamenta di una società che possa definirsi inclusiva.

Una legge per iniziare

Nonostante la strada sia ancora lunga, vige una normativa messa a punto per disciplinare cosa può essere fatto per abbattere le barriere architettoniche negli edifici, la legge 18/89. Aspetto più importante è relativo alla possibilità, introdotta con la suddetta legge, di richiedere agevolazioni per eliminare le barriere negli immobili privati, ad esempio con opere di modifica strutturali, e nel caso in cui ciò non si potesse realizzare i contributi possono essere utilizzati per l’acquisto di attrezzature adatte ai fini prestabiliti, come i montascale a ruote. Riguardo questi ultimi, ne esistono in commercio diverse tipologie, che potete trovare su ortopediapalmeri.it.

Non essere libero o autosufficiente nella casa in cui vivi può trasformarsi in un incubo, che nessuno dovrebbe sperimentare. Bisogna sentirsi in dovere di sfruttare le opportunità, se pur esigue, che lo Stato offre e rendere il posto in cui si vive adatto alle proprie esigenze.

Adesso tocca a noi

Nessuno deve sentirsi esente da questa lotta. La battaglia, che si trova a combattere chi è lasciato solo dalle istituzione, deve essere abbracciata da ognuno di noi. Affinché scene drammatiche, come quelle in cui le persone disabili sono costrette a rinunciare alla normalità, non si ripetano più, è necessario far sentire le nostre voci e non voltare lo sguardo dinnanzi alle ingiustizie. Nel nostro Paese le persone disabili sono il 5,2% della popolazione totale, eppure non se ne parla ancora abbastanza. Persino nell’ambiente didattico, soltanto una scuola su tre risulta essere priva di barriere architettoniche.

A tal proposito, un recente metodo di progettazione, conosciuto come Design for All o Universal Design, propone la realizzazione di spazi e servizi utilizzabili da qualunque categoria di persone, a prescindere dalle capacità motorie e sensoriali. Si tratta di una sorta di filosofia che abbraccia gli ideali di senza barriere, inclusività, promozione e tutela della diversità. Ad oggi immaginare un mondo aperto, percorribile, conoscibile in ogni suo spazio sembra davvero utopico, ma smettere di sperare e di agire per migliorarlo significa condannare gli esclusi e gli emarginati a restare tali per sempre.